Questo piatto deriva da chi doveva inventarsi ogni giorno che cosa mangiare quando da mangiare c’era ben poco. La ricetta antica prevedeva l’utilizzo delle terze parti di carne bovina e avicola: non c’era molta disponibilità economica e chi aveva gli animali vendeva le parti principali ai nobili.
Rimaneva per quanto riguarda i bovini la guancia, la lingua, la coda, la pancia e qualche osso con la cartilagine. Nelle galline la testa con il collo e le zampe. Per insaporire tutto si usava la buccia esterna del “cosacavaddu”, formaggio a base di latte di vaccina stagionato e a forma di parallelepipedo. Si aggiungeva poi sedano, carota, cipolla e patata in acqua fredda e si metteva tutto a bollire per circa due ore e mezza.
La cottura del bollito avverrebbe in modo esatto solo quando si mette in acqua fredda le verdure per poi aggiungere la carne quando inizia a bollire l’acqua. Così facendo i succhi e le proprietà nutritive della carne rimangono all’interno del pezzo stesso. In questo modo si ottiene una carne molto più succosa e gustosa (a scapito di un brodo più liscio). Il brodo vero e proprio si ottiene invece quando si mettono tutti i prodotti con acqua fredda, creando così un brodo molto più ricco. Spesso consiglio ai miei clienti una via di mezzo: mettete in acqua fredda le verdure, un osso di bovino con cartilagini e una piccola parte della carne che avete deciso di cucinare (circa il 10-15%) e iniziate la cottura a fiamma viva. Quando inizia a bollire l’acqua, buttate giù il resto della carne e abbassate un po’ la fiamma e fate andare il tutto.
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